La pasta alla genovese è una ricetta su cui si dicono tantissime cose, molte delle quali sbagliate. Ecco quindi gli errori da non commettere quando si prepara la pasta alla genovese.
La pasta alla genovese è un piatto tipico soprattutto della tradizione napoletana, ma si può gustare in qualsiasi parte di Italia. Partiamo subito dicendo che esistono due tipi di sugo alla genovese: quello di carne e quello di tonno, ma è il primo che ci interessa particolarmente, perchè è il più diffuso.
Sulle sue origini sono state tramandate diverse leggende e ad oggi non abbiamo alcuna certezza. L’ipotesi più plausibile, però, è che il nome di questo sugo sia dovuto alla presenza a Napoli di mercenari svizzeri, proveniente soprattutto dal cantone di Ginevra, la cui cucina faceva largo uso di cipolle. Il nome della salsa potrebbe quindi essere una storpiatura delle parole ginevra, ginevrino.
In ogni caso comunque nel Liber de Coquina – uno dei primi ricettari dell’occidente latino redatto proprio a Napoli tra il XIII ed il XIV secolo – si parlasse di uno stufato di cipolle con la carne ed il formaggio grattugiato, utilizzato per per condire la Tria Ianuensis (la pasta genovese). Non vi sono certezze comunque che la ricetta attuale sia tratta da quella citata, ma se ci fosse un nesso tra le due, il sugo alla genovese sarebbe una delle più antiche salse per condire la pasta ancora in uso nella tradizione italiana.
La preparazione della pasta alla genovese, però, sebbene sia molto lunga, può non essere complicata se si osservano poche semplicissime regole. Ecco, quindi gli errori da non commettere assolutamente quando si cucina la pasta alla genovese (rigorosamente di carne).
La pasta alla genovese tipicamente è un piatto a base di carne e cipolla, che diventano quindi gli ingredienti principali, ma che spesso diventano già di per sè oggetto di errori. Scegliere gli elementi giusti con cui costruire un piatto è di sicuro il primo passo per avere un risultato (quasi) perfetto.
Ecco quindi gli errori che dobbiamo assolutamente evitare quando prepariamo la pasta alla genovese.
Primissima regola: occhio a non “annacquare” il sugo. Come possiamo fare ad evitare questo errore (anzi, potremmo dire orrore)? Semplicemente non aggiungendo acqua alle cipolle in cottura insieme alla carne.
Queste, infatti, rilasciano già il liquido necessario alla cottura, non abbiamo bisogno di altro quindi.
Diciamo subito che un po’ di vino bianco – in proporzione alla quantità di carne e cipolle utilizzate – servirà ad equilibrare il piatto e a renderlo ancora più gustoso, quindi è necessario.
Ma quale scegliere? Un vino bianco giovane “acido” andrà benissimo. E, soprattutto, quando aggiungerlo? Quando mancherà poco a fine cottura: le cipolle devono avere il tempo necessario per rilasciare tutto il loro sapore naturale prima.
Qui davanti ai nostri occhi si apre un mondo: esistono diverse scuole di pensiero e dobbiamo dire anche che negli anni il taglio utilizzato è cambiato.
Un tempo, soprattutto tra la popolazione più ricca, si usava il girello di coscia (quello che in napoletano si chiama lacierto), rigorosamente proveniente da una vitella d’età non superiore a un anno.
Oggi però i tempi sono cambiati e, fermo restando che c’è ancora chi è rimasto ancorato alla tradizione, in genere si utilizza la colarda di vitello. Ma c’è anche chi preferisce usare il gamboncello, cioè il muscolo della gamba posteriore, oppure lo scamone, cioè la parte finale del dorso del bovino, oppure ancora un taglio di “seconda categoria”, che a Napoli si chiama “corazza” ed è ricavato dai muscoli delle prime cinque vertebre dorsali anteriori dell’animale.
La cipolla da usare per non sbagliare è quella ramata, una di quelle dal sapore più intenso che prevedono una cottura molto lunga. Qui c’è poco da aggiungere: tutti gli altri tipi di cipolla non garantiranno un risultato equiparabile.
La pasta deve riuscire ad assorbire quanto più sugo possibile, quindi dobbiamo sceglierla tra quelle trafilate in bronzo e con asciugatura lenta. Quale formato scegliamo? Gli ziti lunghi, le candele, i mezzanelli, i mezzi paccheri e i rigatoni andranno benissimo.
C’è una cosa da tenere sempre a mente però: la pasta va spezzata e mano e su questo non possiamo accettare eccezioni. Perchè? Perchè i pezzettini che si creano e che resteranno sul fondo del piatto si usano per raccogliere il sugo restante.
Altra regola fondamentale: qualunque sia il formato dobbiamo scolarlo benissimo. Questo perchè anche qualche goccia di troppo d’acqua rovinerebbe irrimediabilmente il sapore prodotto dalla lunga cottura.
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