Il panko giapponese è uno degli ingredienti immancabili nelle tradizioni culinarie del Paese del Sol Levante, ma cos’è davvero e come si usa?
Quando si parla di impanature perfette, la mente corre subito alle ricette di casa: cotolette, polpette e verdure gratinate, tutte rese speciali dalla croccante crosticina dorata che solo una panatura perfetta sa dare. Conoscere tecniche e ingredienti nuovi ci permette di migliorare anche i piatti della nostra tradizione, aggiungendo quel tocco in più capace di fare la differenza.

Tra le tante scoperte interessanti in cucina c’è il panko, un particolare tipo di panatura di origine giapponese, oggi apprezzato anche fuori dall’Asia e che in molti stanno cominciando ad apprezzare anche qui in Italia. Ma cos’è il panko? Come si usa in cucina? Che differenza c’è con il pangrattato? Rispondiamo subito a queste domande.
Panko: il “pangrattato giapponese”
Diverso dal nostro pangrattato tradizionale, il panko si è diffuso inizialmente nella cucina nipponica per la preparazione del tonkatsu, la tipica cotoletta di maiale fritta. La sua storia risale alla fine dell’Ottocento, quando il Giappone iniziò ad avvicinarsi alla cultura gastronomica occidentale, importando il concetto stesso di impanatura, ispirato alle cotolette tedesche e austriache.

Ma i giapponesi hanno reinterpretato la panatura utilizzando il proprio pane bianco soffice, privo di crosta, lavorato in modo particolare per ottenere una consistenza leggera e ariosa.
Panko e pangrattato: quali sono le differenze?
La differenza principale tra panko e pangrattato italiano è la loro struttura. Il pangrattato classico viene ricavato da pane secco grattugiato finemente, spesso con la crosta. Il risultato è una polvere omogenea, dal sapore intenso di pane tostato, che tende ad assorbire molto olio in cottura.
Il panko, invece, è formato da fiocchi leggeri e irregolari, ottenuti da pane bianco senza crosta, cotto con un processo particolare che crea una consistenza molto più asciutta e ariosa.
Questa struttura fa sì che il panko assorba meno olio durante la frittura, in questo modo si crea una crosta estremamente croccante e asciutta. Un’altra differenza tra il panko e il pangrattato è nel sapore: il panko è neutro, quasi privo di gusto, il che lo rende perfetto per ricette in cui si vuole esaltare l’ingrediente principale senza coprirlo.
Come usare il panko in cucina
Oltre al classico tonkatsu, il panko è utilizzato per impanare pollo, gamberi e verdure. La sua leggerezza è molto apprezzata anche nelle cucine occidentali, dove è spesso impiegato nei gratin o come ingrediente croccante su pasta al forno e casseruole di verdure.
Nella cucina italiana, dove siamo abituati al pangrattato dal sapore intenso, il panko può essere valorizzato aromatizzandolo con spezie ed erbe, come timo, rosmarino o scorza di limone.

È perfetto anche come ultimo strato in una doppia panatura: prima farina, poi uovo, pangrattato classico e, per finire, una spolverata di panko per una crosta irresistibilmente croccante.