Aggiungere un posto a tavola non è solo questione di “sopravvivenza”: ti spiego perché la maggior parte di noi ama mangiare insieme
Capita anche a te, in prossimità di una cena fuori che avevi organizzato da tempo, o magari di un aperitivo con gli amici, di sentirti crescere dentro una sensazione di benessere e di euforia apparentemente immotivati?

Un po’ come quando, di domenica, ci ritroviamo alla medesima tavola con i nostri familiari, o come quando, il sabato sera, incontriamo la nostra comitiva di amici presso la nostra pizzeria di fiducia.
La felicità che si scatena in noi durante questi momenti di convivialità, a primo impatto, parrebbe non avere una specifica motivazione a monte. In realtà, se scaviamo a fondo, c’è una ragione ben precisa del motivo per cui amiamo “aggiungere un posto a tavola”. Anzi, una serie di ragioni.
Non solo cibo: quando mangiare è sinonimo di convivialità
Stiamo talmente bene, durante i pranzi o le cene che coinvolgono le persone a noi care, che vorremmo che quei momenti non finissero mai. Questo accade perché, in primo luogo, la tavola non è soltanto il luogo in cui si soddisfa un bisogno primario, quello di cibarsi, ma è soprattutto un vero e proprio contesto sociale.
Mentre si mangia in comitiva, solitamente, si sviluppano tematiche che possono avere per oggetto le questioni più disparate. Discutere con gli altri diviene occasione di confronto, scambio di opinioni, di conoscenze. Ma soprattutto, diviene una vera e propria attività di socializzazione.

Non a caso, in tempi recenti, stanno spopolando particolari format ristorativi come gli home restaurant, amati soprattutto da chi ricerca una dimensione di “social eating”. Sedersi alla stessa tavola è, in una qualche misura, anche un segnale per far comprendere all’altro che siamo pronti a dialogare con lui, a predisporci all’ascolto.
Perché la convivialità a tavola ha radici antiche
Ti sei mai chiesto come mai, per la stragrande maggioranza delle famiglie, sia sacro il momento dei pasti? Non solo perché, semplicemente, ci si ritrova tutti insieme attorno a un tavolo per confrontarsi sulle rispettive giornate.
Nel passato primitivo, alla base della sopravvivenza dei nostri antenati c’era proprio la cooperazione. Raccogliere, cacciare, pescare: tutte attività che venivano svolte non da un singolo, bensì da un gruppo di esseri viventi che, aiutandosi a vicenda, avevano più chance di sopravvivere.

La predisposizione a “far gruppo” quando si mangia, ad attendere anche gli invitati ritardatari per godersi un pasto tutti insieme, è pertanto rimasta. Le ricerche archeologiche, sotto questo punto di vista, ce lo confermano: il fatto che le persone si riunissero attorno al fuoco, condividendo l’animale cacciato proprio in quel giorno, è una narrazione che trova parecchi riscontri e testimonianze.
Mangiare in gruppo: una tecnica per appianare i conflitti
Non è un caso se, al termine di un confronto nell’ambito della diplomazia, le due parti implicate, secondo quanto stabilisce la consuetudine, debbano condividere un pranzo o una cena. Se ci si siede alla stessa tavola si annullano, di conseguenza, anche le disparità. In buona sostanza: mangiando lo stesso cibo ci si mette anche sullo stesso piano dell’altro.