Il Parmigiano Reggiano cambia gli ingredienti e uno in particolare sta spaventando i consumatori: cosa mangiamo a nostra insaputa?
Il Parmigiano Reggiano è uno dei formaggi più famosi al mondo: in Italia è uno dei più consumati e all’estero ci rappresenta come uno dei prodotti italiani di punta. Il noto formaggio, come indica anche il nome, è di produzione tipica delle provincie di Reggio Emilia, di Parma e Modena; nonostante la ristretta area di produzione, l’industrializzazione e la globalizzazione lo hanno fatto diventare un fenomeno mondiale e adesso è esportato (e purtroppo imitato) in tutto il mondo. Per produrre il vero Parmigiano Reggiano Dop bastano soltanto tre ingredienti: latte, caglio e sale.
La qualità del primo è essenziale per un ottimo formaggio: il latte crudo migliore è quello proveniente da mucche nutrite con erba fresca e foraggio locale. Come abbiamo accennato, purtroppo il Parmigiano Reggiano viene imitato davvero in tutto il mondo, proprio per questo motivo è stato deciso che, per proteggerne l’autenticità, potrebbe essere inserito un nuovo ingrediente che ha spaccato l’opinione dei consumatori a riguardo e ne ha spaventati una gran fetta. I produttori di questo formaggio hanno deciso di inserire un microchip commestibile all’interno delle forme, una nuova tecnologia che dovrebbe provare l’autenticità del prodotto.
Parmigiano Reggiano: il nuovo ingrediente che spaventa i consumatori
Sembra che Parmigiano Reggiano abbia già dato il via ai primi test, impiantando il microchip in circa 100mila forme di formaggio da 40 kg. Il piccolo aggeggio tecnologico prenderebbe il nome di P-Chip e sembra che sia in grado di resistere al caldo e al freddo, oltre ad essere commestibile. Ci vorranno tre anni perché la decisione diventi ufficiale e i chip vengano inseriti in ogni forma di formaggio, in quanto è necessario attendere i risultati della stagionatura sul piccolo P-Chip per capire se riuscirà davvero a resistere e rimanere intatto.
In teoria, i P-Chip dovrebbero essere più resistenti dei chip RFID, che sono più fragili e più grandi, e per questo più difficili da collegare al prodotto desiderato. Un’altra opzione era quella di utilizzare i famosissimi codici QR, ma anche questi rischiano di rovinarsi con la stagionatura; il P-Chip è rimasta dunque l’opzione migliore. Il piccolo chip dovrebbe, secondo i test, resistere anche agli acidi gastrici dello stomaco e il chief technology officer di P-Chip Bill Eibon ne ha addirittura ingerito uno, senza mostrare effetti collaterali. Il chip verrà impiantato sulle forme di formaggio grazie ad un robot che, riscaldando l’etichetta di caseina, inserirà il chip all’interno.