La tradizione vuole che un tappo di sughero non possa mai mancare nell’acqua per cuocere il polpo poiché ne garantirebbe la tenerezza, ma è vero?
Ammettiamolo, ci sono tanti gesti che compiamo regolarmente in cucina e dei quali non ci chiediamo nemmeno il perché. Molti sono legati alla tradizione, tramandati dalle nonne e, seguendo la logica per cui mai un piatto della nonna sarà risultato meno che impeccabile, chi siamo noi per cambiare anche solo un gesto della tradizione?
Per non sbagliare ripetiamo dunque ogni mossa con ossequio religioso, ignorando che qualche volta decisamente potremmo risparmiare un sacco di stress.
Eh già, anche le nonne facevano qualcosa senza che ve ne fosse una vera e propria ragione, seguivano teorie non più valide o da sempre prive di ogni fondamento. Un esempio? Il tappo di sughero nell’acqua per la cottura del polpo.
Qualsiasi chef potrà confermarvi che non ha la benché minima funzione. Ma allora perché continuiamo a metterlo? Abitudine o, meglio, la paura di sbagliare. E le nostre nonne, perché credevano potesse fare la differenza? Ve lo spighiamo noi.
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Il tappo di sughero per cuocere il polpo, funziona?
L’origine dell’usanza di mettere un tappo di sughero nell’acqua di cottura del polpo sperando che ci aiuti a mantenerne morbide le carni è in realtà frutto di un vero e proprio errore di interpretazione.
I pescatori erano infatti soliti legare i polpi appena pescati a un filo, al capo del quale c’era il famoso tappo. Per loro era utile solamente per prendere il polpo al volo quando qualche signora voleva acquistarlo (il tappo galleggiava e permetteva di trovare il polpo in un lampo nella bacinella piena di acqua) ma le donne di un tempo ci videro dietro una vera e propria magia: quel polpo veniva sempre tenerissimo e piuttosto che attribuire la cosa alla freschezza del pescato individuarono il responsabile nel tappo di sughero galleggiante.
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Ecco allora che il tappo è entrato nella ricetta della tradizione per non uscirne mai più. Scientificamente il suo merito è nulla ma, chissà perché, ancora oggi proprio non ce la sentiamo di farne a meno.